La personalità è ciò che noi si è, non ciò che si ha.
Pensiamo alla personalità come a un insieme di schemi relativamente stabili di pensare, sentire, comportarsi e mettersi in relazione con gli altri. In questo contesto, con il termine “pensare” si intendono, non solo i sistemi di credenze e il modo in cui attribuiamo significato a noi stessi e agli altri, ma anche i valori morali e gli ideali.
Ognuno di noi ha un insieme di assunti personali per mezzo dei quali cerca di comprendere la propria esperienza, un insieme di valori e modi caratteristici di perseguire ciò a cui attribuisce importanza, un repertorio di emozioni familiari e modalità tipiche di gestirle, e alcuni sistemi caratteristici di comportamento, specialmente nelle relazioni personali. Alcuni di questi processi sono consci e altri inconsci e automatici ovvero impliciti.
Il modo in cui cerchiamo abitualmente di adattarci alle esigenze della vita e di tenere a bada l’ansia, il dolore e le minacce all’autostima è un aspetto importante della personalità.
Le persone si differenziano per il modo in cui si adattano alle circostanze e si difendono dalle minacce, e anche per la capacità di integrare in modo fluido questi tentativi nella vita di tutti i giorni, così da non rivelare lo sforzo che stanno compiendo. Quando i nostri abituali modi di pensare, sentire, agire ed essere con gli altri contribuiscono a farci vivere una vita che ci piace, a godere di relazioni reciprocamente soddisfacenti e a perseguire obiettivi socialmente utili, non c’è problema. Ma se continuano a causare dolore a noi stessi o agli altri, o diventano fonte di preoccupazione o si fanno troppo pervasivi, allora possono costituire un disturbo di personalità.
All’estremo sano dello spettro della personalità, si trovano le persone che possono impegnarsi in relazioni soddisfacenti, fare esperienza di una gamma relativamente completa di sentimenti e pensieri adeguati, funzionare in modo abbastanza flessibile se sottoposte a forze esterne o conflitti interni, avere un chiaro senso della propria identità personale, essere ben adattate agli avvenimenti della propria vita e non sperimentare livelli eccessivi di disagio psicologico né imporlo agli altri. Con il termine “flessibilità” si intende la capacità di guardare a un problema da punti di vista diversi e di adottare uno dei possibili modi di farvi fronte.
All’estremo più disturbato si collocano invece le persone che rispondono allo stress in modi rigidi e inflessibili, per esempio affidandosi esclusivamente a una o due strategie di adattamento, indipendentemente dalla situazione, e/o che hanno deficit marcati nel loro senso di identità, nelle relazioni con gli altri, nell’esame di realtà, nelle capacità di adattarsi allo stress, nel funzionamento morale o nella gamma delle emozioni e nella capacità di riconoscerle, esprimerle e regolarle.
I problemi psicologici, spesso intrecciati in modo complesso con aspetti della personalità, possono essere l’altra faccia dei punti di forza di una persona, e vanno compresi nel contesto dell’individuo nella sua totalità e della sua cultura.
Di conseguenza, quando un terapeuta a orientamento dinamico conduce un colloquio clinico cerca prima di tutto di farsi un’idea della personalità del paziente, poi di valutare i suoi punti di forza e di debolezza e il suo funzionamento globale, e solo nel momento in cui si trova all’interno di quel contesto cerca di capire i sintomi.